tra memoria e realtà virtuale

Il Museo delle arti in ghisa nella Maremma racconta l’epoca d’oro dell’arte fusoria.
È la miglior struttura museale europea dedicata al lavoro

Nel XV secolo era un mulino, nell’Ottocento è diventato un forno fusorio. Oggi è il Magma di Follonica, il Museo delle arti in ghisa nella Maremma, premiato nel 2015 come miglior museo europeo sul tema del mondo del lavoro. Un piccolo, affascinante scrigno – tra memoria e realtà virtuale – che racchiude il passato di Follonica e ne tramanda la memoria. Un luogo altro, quasi fantastico, che custodisce i ricordi della lavorazione del ferro e della ghisa, materiali sui quali si è fondata la nascita di un centro urbano.

Il legame tra Follonica e la siderurgia ha radici antiche: già gli etruschi avevano scelto questo angolo di Maremma per lavorare il ferro in arrivo dall’Isola d’Elba, come dimostrano i reperti trovati nella zona di Rondelli e del Petraia. Da quell’epoca fino all’800, però, lo sviluppo di Follonica si fermò: i terreni paludosi non la rendevano adatta agli insediamenti. Ma quando la Toscana passò nelle mani di Leopoldo II di Lorena, governatore illuminato, la Maremma divenne la sede delle sue Fonderie. Da quel momento cominciò la vera storia di Follonica. Leopoldo II di Lorena è indissolubilmente legato alla Maremma: l’ultimo granduca di Toscana decise di bonificarla e nel 1828 diede inizio a un’opera maestosa in quella terra paludosa e malsana che tornò a popolarsi. Ed è proprio in quegli anni che nacque Follonica. La lavorazione del ferro portò nel golfo lavoratori da tutta la Toscana: la produzione crebbe e in tanti scelsero di trasferirsi in Maremma. Così, con la costruzione della prima chiesa – San Leopoldo, simbolo della storia siderurgica di Follonica – e delle prime abitazioni, Follonica iniziò a essere comunità.

Le fonderie leopoldine chiusero nel 1961, e da quel momento – per anni – il cuore di Follonica è rimasto intrappolato tra lontani ricordi ed edifici abbandonati. Finché, negli anni Novanta, è arrivata la svolta: far rivivere l’Ilva raccontando la sua storia. Il progetto Magma, da realizzare nell’ex Forno San Ferdinando, è nato proprio in quegli anni. «La grande opportunità di dare vita a qualcosa di unico è arrivata nel 2013 – racconta la direttrice del museo, Claudia Mori –, grazie anche a un funzionario della Soprintendenza di Siena, Letizia Franchina, che prese a cuore il progetto quando il Comune di Follonica decise di investire nel museo rendendolo non solo un centro di documentazione ma un viaggio nella storia di Follonica. L’Amministrazione comunale in quegli anni ha iniziato a lavorare per ridare nuova vita alla zona dell’ex Ilva, dove si trova anche il Magma. Il progetto si è concretizzato quando dall’Europa è arrivato un finanziamento che ha permesso di restaurare parte degli edifici della città fabbrica».

Il Magma nasce dalla volontà di raccontare una storia, quella di Follonica. È un museo di narrazione: il racconto di un lavoro, di un mestiere arrivato al culmine nell’Ottocento, quando Follonica creava ed esportava in tutto il mondo manufatti di alto valore artistico. Un racconto in chiavi così varie e diverse tra loro da essere fruibile da tutti, bambini compresi. Storie, volti, spazi ricostruiti in cui rivivere l’attività industriale che fu. Un’esperienza che riporta nella metà dell’Ottocento grazie all’utilizzo magistrale delle nuove tecnologie. Quando il virtuale è reale. Anche perché all’allestimento museale hanno contribuito le testimonianze di tanti follonichesi che hanno vissuto personalmente la realtà della fonderia.

«Il percorso espositivo si articola su tre piani – spiega ancora la direttrice Claudia Mori –: il primo è destinato all’arte e celebra la tradizione follonichese attraverso quello che fu il più importante ambito di specializzazione della produzione, il secondo alla storia e il seminterrato alla produzione». All’ingresso domina l’installazione artistica che si trova al centro dell’altoforno. Le lamelle che cadono dall’alto e che cambiano colore simulano le diverse fasi del processo di lavorazione: l’accensione, il minerale che veniva gettato a strati insieme con il carbone, l’evocazione del fumo che usciva dal camino. Luci e suoni, proiezioni di uomini al lavoro che mostrano ciò che accadeva nel forno. Il viaggio continua nelle tre sale del primo piano che ospitano i lavori in ghisa della Scuola di ornato e disegno lineare voluta da Leopoldo II, la massima espressione della produzione follonichese, e una ricca collezione di modelli lignei che servivano a imprimere la forma in cui colare il ferro fuso. Esempi della produzione artistica della fonderia si trovano anche a pochi passi dal Magma: la chiesa di San Leopoldo e il cancello dell’Ilva testimoniano la maestria di chi creava i modelli e chi li forgiava. Il secondo piano è dedicato alla storia, con un viaggio nel tempo in cinque sale: gli etruschi, la conformazione naturale del territorio, la lavorazione dei materiali, il racconto interattivo di alcuni lavoratori della fonderia. E anche un treno che accompagna il visitatore tra i monumenti in ghisa sparsi nel mondo. «Il piano seminterrato è dedicato alla produzione – continua Claudia Mori –: si entra nel cuore del Forno di San Ferdinando. I rumori della lavorazione del ferro e della ghisa portano dentro il vecchio carbonile e la bocca del forno. Si possono anche calibrare le dosi dei vari componenti necessari a realizzare i prodotti in ghisa o ferro, grazie a un dispositivo interattivo». E a pochi metri di distanza c’è un altro gioiello: il videoracconto di chi ha vissuto all’interno della città fabbrica, una storia che parla di vita, lavoro, passione. «Dal Magma è iniziata la rinascita dell’Ilva – spiega ancora la direttrice –: negli ultimi anni sono state restaurate altre due fonderie, che oggi ospitano un teatro e una sala espositiva, e il progetto continua. La volontà è quella di riportare in vita il luogo da cui tutto è partito».

VeryMaremma, 15 Ottobre 2020